DIVISIONE - COMUNIONE - Cass. civ. Sez. II, 27-11-2017, n. 28230 

DIVISIONE - COMUNIONE - Cass. civ. Sez. II, 27-11-2017, n. 28230 

La non comoda divisibilità di un immobile, integrando un'eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura, può ritenersi legittimamente praticabile solo quando risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dall'irrealizzabilità del frazionamento dell'immobile, o dalla sua realizzabilità a pena di notevole deprezzamento, o dall'impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, tenuto conto dell'usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso. Cass. civ. Sez. II, 27-11-2017, n. 28230 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina - Presidente -

Dott. ORILIA Lorenzo - rel. Consigliere -

Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere -

Dott. GIUSTI Alberto - Consigliere -

Dott. SABATO Raffaele - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21947-2013 proposto da:

C.A., (OMISSIS), C.S. (OMISSIS), CA.ST. (OMISSIS), M.B. (OMISSIS), C.M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell'avvocato BENITO PANARITI, rappresentati e difesi dagli avvocati MORENO MARCO SAMBUGARO, MORENA MARIA SAMBUGARO;

- ricorrenti -

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE N.38, presso lo studio dell'avvocato ALBERTON NATALE, rappresentato e difeso dagli avvocati LUCA BONFANTE, MARIO PETROSINO;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 445/2013 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 06/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/09/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per l'inammissibilitào in subordine rigetto del ricorso;

udito l'Avvocato PANARITI Paolo, con delega depositata in udienza dell'Avvocato SAMBUGARO Morena Maria, difensore dei ricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito l'Avvocato BONFANTE Luca, difensore del resistente che si riporta agli atti depositati.

Svolgimento del processo

Definendo in sede di gravame il giudizio, promosso da C.G. per ottenere lo scioglimento delle comunioni dei beni lasciati dai genitori Ca.An. e S.N., la Corte d'Appello di Venezia, con sentenza depositata il 6.3.2013, ha respinto l'impugnazione proposta da C.A. e dagli eredi di c.a. ( M.B., C.S., M.L. e St.), ed ha confermato la sentenza di primo grado n. 865/2010 del Tribunale di Verona che aveva così disposto:

"Dichiara lo scioglimento della comunione ereditaria per cui è causa; assegna all'attore C.G. i beni di cui al progetto divisionale numero 1 predisposto dal CTU e fatto proprio dal GI e per l'effetto attribuisce a C.G.: valore quota detratte le donazioni: Euro 143.947,25, parte terreno Fg. (OMISSIS) m.n. (OMISSIS) di mq 27.314 pari a Euro 143.947,25- non è dovuto alcun conguaglio;

attribuisce a C.A.; valore quota Euro 260.146,37, abitazione A; abitazione Bagno A e antibagno A, bagno V; abitazione C; stalla-fienile P.1; portico; rustico-garage 1; rustico-garage 2; pollaio-legnaia; Chiesetta quota 1/2; terreno fg. (OMISSIS) m.n. (OMISSIS); terreno fg.(OMISSIS) m.n. (OMISSIS). Valore totale assegnazione Euro 254.440,00. C.A. dovrà ricevere a titolo di conguaglio dagli eredi di c.a. la somma di -Euro 5.706,38;

attribuisce agli eredi di c.a.: valore quota Euro 260.146,37, tettoia; parte terreno Fg. (OMISSIS) m.n. (OMISSIS); terreno Fg.(OMISSIS) m.n. (OMISSIS) di complessivi mq. 48.620. Valore totale assegnazione Euro 265.852,75. Gli eredi c.a. dovranno versare a titolo di conguaglio a C.A. la somma di Euro 5.706,38.

Dispone che sul terreno Fg. (OMISSIS) m.n. (OMISSIS) dovrà permanere la servitù di passaggio in favore degli eredi di c.a..

Dichiara in ordine alla domanda di rilascio l'incompetenza per materia di questo Tribunale per essere competente la Sezione Specializzata Agraria;

compensa interamente fra le parti le spese del grado e pone a cario della massa in proporzione alle quote divise quelle di tutte le CTU espletate in istruttoria".

La Corte d'Appello ha motivato la propria decisione rilevando:

- che andava condiviso il giudizio, espresso dal primo giudice, di comoda divisibilità del compendio ereditario sulla scorta degli accertamenti del CTU, con particolare riferimento al terreno di 75.934,00 mq, divisibile senza compromissione della redditività;

- che il Tribunale aveva motivato adeguatamente sul diritto dell'attore a percepire in sede di divisione una parte di immobile tale da rispecchiare, senza eccessivo sacrificio degli altri condividenti, le caratteristiche salienti della massa da dividere e senza alterarne la destinazione economica e la redditività, senza tacere del fatto che il progetto divisionale n. 1 consente di evitare frazionamenti dei fabbricati, illogici, incongrui o difficilmente attuabili con ulteriore possibilità di conflitti;

- che era impraticabile l'assegnazione dell'intero compendio in favore degli appellanti e configgente con le risultanze peritali;

- che le quote erano state assegnate correttamente;

- che era infondata la richiesta degli appellanti volta a conseguire l'assegnazione di tutti i terreni quali conduttori di azienda agricola essendo C.A. e M.B. persone molto anziane, attualmente in pensione ed essendo documentato lo svolgimento di altre attività da parte dei loro figli, mentre risultava dimostrata l'attività di coltivatore diretto svolta da C.G.;

- che le attribuzioni fatte dal primo giudice trovavano perfetta giustificazione nei valori dati dal CTU ai singoli componenti del compendio (terreni, rustici e abitazioni);

- che la sentenza di primo grado aveva fatto corretta applicazione dell'art. 720 c.c.;

- che non era fondata neppure la censura relativa alla incongruità dei conteggi predisposti dal CTU sull'individuazione delle spese sostenute dalla parte convenuta, avendo l'ausiliare esaminato dettagliatamente le numerose spese presenti in atti confrontandole con l'elenco fornito dal CTP di parte convenuta e, quanto alla mancata inclusione delle spese di assicurazione e consortili, gli appellanti non avevano allegato la natura e il contenuto di dette polizze, ed inoltre si trattava di spese sostenute nel loro esclusivo interesse.

Gli appellanti soccombenti ricorrono per cassazione denunziando quattro motivi.

Resiste con controricorso C.G..

Motivi della decisione

1 Col primo motivo i ricorrenti denunziano violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 112 c.p.c.); omessa pronuncia: a loro dire, la Corte territoriale non ha statuito sull'eccezione di non accettazione del contraddittorio da essi formulata con riferimento alle domande nuove e/o diverse introdotte da parte attrice nel giudizio di primo grado e, segnatamente, sulla domanda di rendiconto e sulla domanda di rimborso delle spese asseritamente effettuate dall'attore in favore della massa. Con tali domande - proseguono i ricorrenti - l'attore aveva introdotto un nuovo petitum legato a nuova causa petendi, modificando non solo l'oggetto dell'accertamento ma anche il valore della causa, depositando anche nuovi documenti (elenco spese senza pezze giustificative); osservano inoltre che la CTU estesa pure a tali domande nuove ha portato a risultati erronei, fatti propri dal giudice di merito; precisano di avere segnalato tale violazione nell'atto di appello a pagg. 15 e 16.

Il motivo è infondato perchè il tema della resa dei conti era stato tempestivamente introdotto nel giudizio proprio dai convenuti con la comparsa di risposta (lo affermano gli stessi ricorrenti nella narrativa del ricorso a pag. 3) e quindi la formulazione di specifiche conclusioni in tal senso anche da parte dell'attore non integra certamente novità di domanda. A tali considerazioni - già dirimenti - si aggiunga l'ulteriore rilievo che, in violazione del principio di specificità (art. 366 c.p.c., n. 4), il motivo non precisa neppure in che modo la richiesta dell'attore possa avere influito sui risultati della consulenza tecnica e sulla conseguente statuizione del giudice di merito, posto che la sentenza di appello, nell'ultima pagina, fa riferimento solo alle spese sostenute dai convenuti, e non a quelle affrontate dall'attore.

2. Con una seconda censura i ricorrenti denunziano violazione di norme di diritto: omessa pronuncia circa un punto decisivo della controversia ovvero sulla posizione della convenuta M.B.. Si afferma al riguardo che la sentenza di appello, confermativa di quella di primo grado, non reca traccia alcuna delle attribuzioni spettanti alla M. "portatrice di originario e autonomo diritto, sia sostanziale che processuale", convenuta in giudizio e ascoltata in sede di interrogatorio formale.

Anche questo motivo è inammissibile per difetto di specificità (art. 366 c.p.c., n. 4) e di interesse (art. 100 c.p.c.). Ed infatti, per dolersi della mancanza di specifiche attribuzioni in favore di M.B., occorreva innanzitutto spiegare alla Corte di Cassazione perchè mai costei dovesse ritenersi destinataria di autonome attribuzioni in sede divisionale, e ciò non risulta; a ciò aggiungasi che nel controricorso (v. pag. 15) si deduce che la M. era "la moglie ed erede del defunto c.a., unitamente ai figli St., S. e M.T." e tale affermazione non è neppure oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti che non hanno ritenuto di depositare memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. Inoltre, la questione non risulta proposta in appello, sicchè deve ritenersi nuova e inammissibile anche per tale ragione.

3-4 Col terzo motivo si deduce l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione o falsa applicazione di norme di diritto: si critica la Corte d'Appello per avere negato ai ricorrenti C.A. e M.B. la qualità di coltivatori diretti in ragione dell'età avanzata, qualità riconosciuta invece del tutto illogicamente all'altro condividente C.G., benchè settantunenne e quindi anch'egli persona anziana. Inoltre la Corte di merito non avrebbe considerato la sussistenza dei presupposti al momento della proposizione della domanda giudiziale (1986), la non contestazione della circostanza da parte di C.G. (che ha domandato il rilascio del fondo coltivato dai ricorrenti) e la statuizione contenuta nella sentenza n. 1006/1998 del Tribunale di Verona in materia di retratto agrario su istanza degli stessi C.A. ed a..

Con l'ultimo motivo si denunzia ancora l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Criticando la correttezza delle assegnazioni del compendio immobiliare proposto dal CTU e fatto proprio dai giudici (tre parti disomogenee e successiva riunione di due di esse con compensazioni interne anche in danaro, piuttosto che due parti omogenee con possibilità di evitare servitù), i ricorrenti rimproverano il superamento dei limiti logico-giuridici della comoda divisibilità e della persistenza della coltivazione da parte dei detentori in contrasto con i principi codicistici dell'art. 720 c.c.. Sostengono inoltre che la sentenza appare viziata e contraddittoria perchè carente circa l'accertamento della migliore soddisfazione del diritto dei condividenti, trascurando il criterio della omogeneità delle assegnazioni.

Anche tali censure, da esaminare congiuntamente per la identità del vizio dedotto, sono in parte inammissibili e in parte infondate.

La sentenza impugnata è stata depositata il 6.3.2013 e quindi, in base alle disposizioni transitorie, si applica l'art. 360, n. 5 nella versione più recente, che consente il ricorso per cassazione per "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti": è dunque scomparso ogni riferimento letterale alla "motivazione" della sentenza impugnata e, accanto al vizio di omissione (seppur cambiato d'ambito e di spessore), non sono più menzionati i vizi di insufficienza e contraddittorietà.

In questa prospettiva, come chiarito anche dalle Sezioni Unite, la scelta operata dal legislatore è quella di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall'art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per "mancanza della motivazione". (Cass. S.U. n. 8053/14, Cass. S.U. 22 settembre 2014 n. 19881).

Nel caso in esame le censure si appuntano sostanzialmente sulla motivazione della sentenza nella parte relativa alle qualità personali dei condividenti e alla formazione delle porzioni, sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorietà, mancando qualsiasi riferimento al radicale vizio di motivazione, nel senso inteso dalla sezioni unite, e quindi la critica del ricorrente, tendente unicamente ad una rivisitazione di risultanze istruttorie, non coglie nel segno, perchè il giudizio di legittimità soggiace a ben precisi limiti di indagine.

Il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto è solo genericamente menzionato nella rubrica dei motivi in esame, ma poi non viene adeguatamente sviluppato, rinvenendosi solo qualche vago riferimento, nell'ultimo motivo, "ai principi codicistici dell'art. 720 c.c." in ordine alla formazione delle porzioni.

La giurisprudenza di questa Corte ritiene che in materia di divisione giudiziale, la non comoda divisibilità di un immobile, integrando un'eccezione al diritto potestativo di ciascun partecipante alla comunione di conseguire i beni in natura, può ritenersi legittimamente praticabile solo quando risulti rigorosamente accertata la ricorrenza dei suoi presupposti, costituiti dall'irrealizzabilità del frazionamento dell'immobile, o dalla sua realizzabilità a pena di notevole deprezzamento, o dall'impossibilità di formare in concreto porzioni suscettibili di autonomo e libero godimento, tenuto conto dell'usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso (v. Sez. 2, Sentenza n. 14577 del 21/08/2012 Rv. 623713; Sez. 2, Sentenza n. 16918 del 19/08/2015 Rv. 636128 non massimata; v. anche Sez. 2, Sentenza n. 12498 del 29/05/2007 Rv. 597506).

Ebbene, la sentenza impugnata appare in linea con tale principio avendo accertato, con tipico apprezzamento in fatto (sulla scorta delle risultanze peritali), che il terreno di complessivi mq. 75.934,00 è comodamente divisibile senza compromettere la redditività e che la pretesa assegnazione dell'intero compendio a favore degli appellanti, originariamente suggerita dal primo giudice a titolo transattivo, è risultata impraticabile e configgente con le risultanze della CTU (v. pag. 8).

La attribuzione di tre quote si spiega, infine, col fatto che nella lite, originariamente promossa contro una pluralità di condividenti, sono poi rimasti solo l'originario attore C.G., il fratello A. e gli eredi dell'altro fratello a. (deceduto nelle more del giudizio).

In conclusione, il ricorso va respinto, con addebito di spese ai ricorrenti con vincolo solidale.

Trattandosi di ricorso successivo al 30 gennaio 2013 e deciso sfavorevolmente, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 - quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 novembre 2017


Avv. Francesco Botta

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